Magazine – Nel profondo sud delle Maldive – Febbraio 2020

Magazine – Nel profondo sud delle Maldive – Febbraio 2020

Reportage di viaggio di Renato La Grassa

Maldive, ventisei atolli che custodiscono minuscole isole di sabbia bianchissima, adornate da una vegetazione rigogliosa e lambite da acque azzurre di cristallo. Un paradiso il suo mare, dove il pesce è ancora abbondante e i coralli, seppure sofferenti per i recenti fenomeni di sbiancamento, presenta confortanti segni di ripresa.

Un mare dalle mille sorprese, dove mante, squali grigi, squali di barriera e squali balena sono la massima rappresentazione di un ecosistema sempre ambito dai sub di tutto il mondo. Ci sono poi le Maldive meno conosciute, quelle più lontane a due passi dall’equatore. Parlo dell’atollo di Suvadiva e in particolare di Fuvahmulah, che racchiude l’omonima isola, situato a qualche ora di navigazione ancora più a sud, nel mezzo dell’oceano. La tappa più rappresentativa di una bellissima crociera sulla quale ogni ospite a bordo nutriva molte aspettative, tutte ampiamente soddisfatte.

Arriviamo a Male dopo un volo diretto intercontinentale dall’Italia. Poi, con un volo interno della Maldivian preso al volo per una manciata di minuti, atterriamo all’isola di Kuredhdhoo accolti da un caldo abbraccio tropicale, piacevole ma implacabile.

Usciti dal piccolo aeroporto, le consuete strette di mano con l’intero gruppo ormai ricomposto e col corrispondente locale che ci fa strada fino al porticciolo, dove ci attende alla fonda Ocean Sapphire, l’elegante M/Y sul quale si svolgerà la nostra crociera.

Approfittando delle buone condizioni meteo, molleremo gli ormeggi in tarda serata facendo rotta a sud per raggiungere dopo qualche ora di navigazione l’atollo di Fuvahmulah, la prima meta di un viaggio agli antipodi fortemente agognato. Il programma concordato preventivamente col capobarca prevede uno stop di due giorni, il tempo minimo necessario per conoscere un mare tanto diverso dai più blasonati fondali maldiviani e dove la barriera corallina, ancora in parte inesplorata, vanta molte specie di squali fra cui il volpe e in particolare il tigre di cui se ne contano circa una quarantina di esemplari.

Alle prime luci dell’alba siamo ormeggiati nel minuscolo porticciolo dove trovano ricovero diverse barche dei pescatori locali e qualche piccolo M/Y da turismo, avvolti in un’atmosfera ovattata dominata dalla

antica moschea situata all’estremità settentrionale dell’isola.

melodia del Muezzin che ci accompagnerà più volte al giorno durante la nostra permanenza.

Anche in superficie Fuvahmulah presenta particolari specificità. Pur essendo la terza più grande isola delle Maldive, si caratterizza sia per l’assenza di moderni resort e grandi alberghi, sia per aver conservato intatti i villaggi e le abitudini e gli stili di vita dei suoi abitanti. L’unica ricettività turistica è garantita da piccole

guesthouse, la cui fisolosofia costruttiva è in piena armonia con quella tipica locale e dove il soggiorno

richiede l’osservanza di semplici regole di comportamento per il rispetto dei costumi locali.

Della sua storia non ci sono molte tracce, a parte una “stupa”, un monumento buddhista originario del subcontinente indiano noto come Fua Mulaku Havitta, ormai in completo stato di abbandono; il “Vasho-Veyo”, un antico bagno circolare con gradini in pietra che rivela abilità artigianali nel taglio della pietra corallina, e infine il Gen Miskit , un’ antica moschea situata all’estremità settentrionale dell’isola.

Ospita inoltre differenti habitat che vanno dai boschi tropicali a zone umide e paludose di acqua dolce circondate da una fitta vegetazione. Un ecosistema di particolare rilievo naturalistico che vanta la presenza di diverse specie faunistiche fra cui la Gallinella d’acqua, endemica del luogo, e dei laghi Dhadimagi Kilhi a nord e quello di Bandaara Kilhi situato invece nella zona centrale.

L’isola possiede alcune spiagge di sabbia bianchissima completamente deserte ed è anche sede di terreni agricoli da dove proviene la più grande produzione di Mango di tutte le Maldive, oltre a quella di arance, ananas, banane e ortaggi che costituiscono nell’insieme un importante sostentamento economico per l’intera popolazione locale.

LE IMMERSIONI.

1° giorno.
Fuvahmulah. Oggi è il primo giorno di permanenza e ci attende la check dive che effettueremo presso Fuvahmulah House Reef. Ocean Sapphire rimane all’ancora, mentre il gruppo si trasferisce bordo del Dhoni per giungere in pochi minuti al punto di immersione, a due passi dal minuto porticciolo.

Ci tuffiamo nel blu per raggiungere dopo poche pinneggiate la parete che scende a precipizio senza poterne intravedere il fondo. Siamo ancora in prossimità della superficie quando, grazie all’ottima visibilità dell’acqua, vedo materializzarsi in profondità tre squali tigre di ragguardevoli dimensioni che nuotano tranquilli svanendo poco dopo nella penombra, mentre a pochi metri una piccola tartaruga pinneggia fra le rocce, incurante della mia presenza.

Ripreso dallo shock di questa prima inaspettata apparizione, continuo la mia discesa e a quota -35 mt assisto a una cospicua presenza di tonni, muri impenetrabili di pesci argentati sfreccianti simili a palamiti, qualche piccolo barracuda mentre la fugace comparsa di tre aquile di mare fanno da cornice al frenetico andirivieni della fauna più minuta che monopolizza ogni recondito spazio del costone roccioso.

Seppure consapevole di trovarmi in una zona fuori dai classici siti Maldiviani, torno in superficie incredulo per lo spettacolo naturalistico a cui ho appena preso parte, soprattutto perché quella appena terminata era una check dive di ambientamento!

Il Plateau. Per il secondo tuffo facciamo rotta a sud dell’isola e in pochi minuti siamo già pronti per il tuffo. Ci troviamo davanti a un plateau che dai -20 metri scende deciso verso i -50, dove il fondo sabbioso misto a roccia è frequentato da tanto pesce di passo. Appena immersi due esemplari di tigre non molto distanti svaniscono all’ istante, mentre a poche braccia dalla parete tonni saettanti di buona stazza sfrecciano indisturbati.

Obiettivo prefissato è l’esplorazione nel blu, quindi senza indugio ci dirigiamo verso i -30 dove ci appostiamo per scrutare l’orizzonte facilitati da una visibilità straordinaria e una leggera ma provvidenziale corrente. Il tempo trascorre inesorabile, quando finalmente la sagoma inconfondibile di uno squalo volpe compare improvvisa sul fondo, riconoscibile dalle movenze sinuose della sua lunga coda che contraddistingue notoriamente questo magnifico animale.

Benchè i nostri computer avvertano l’approssimarsi della deco, le guide, molto comprensive, ci danno l’ok per tentare qualche ripresa foto-video da una posizione più ravvicinata. Ci proviamo ma con scarsi risultati data la lontananza del soggetto, così ritorniamo in superficie comunque soddisfatti.

Tiger Zoo. Fuvahmulah è soprattutto Tiger Zoo, unico nel suo genere. La sua origine deriva da una vecchia usanza dei pescatori locali i quali, per evitare di recarsi in mare aperto e risparmiare tempo e carburante, svuotano davanti all’ingresso del porto i bidoni con gli scarti del mercato del pesce presente all’interno del porto stesso.

Nel corso degli anni, questa pratica giornaliera ha fatto si che una moltitudine di specie di squali fra cui il tigre, il martello, il longimanus, lo zambesi e tante altre ancora, si presentino puntualmente al mattino e al pomeriggio all’ingresso del porto, spingendosi a volte anche dentro, in attesa del loro banchetto!

Così è nata l’idea geniale di accompagnare i sub in immersione per osservare gli squali mentre si nutrono degli scarti di cibo, bypassando la regola Maldiviana che vieta in modo assoluto la pratica dello shark feeding. Per quanto discutibile, così facendo non viene considerata tale, poiché gli squali non vengono nè imboccati né avvicinati, bensì si nutrono autonomamente.

Dopo un briefieng particolareggiato, saliamo sul Doni con l’adrenalina alle stelle. Giunti sul punto d’immersione

ci tuffiamo in acqua e raggiungiamo velocemente un pianoro sabbioso a una decina di metri di profondità, dove i grandi bestioni non tardano ad arrivare. Eccone uno, poi un a altro e un altro ancora; se ne contano otto di grossi squali tigre che partecipano al grande banchetto, in un andirivieni davvero elettrizzante. Sono principalmente femmine dal corpo possente alcune delle quali superano i 4 metri, dalla livrea inconfondibile e grossi occhi che denotano una spiccata curiosità.

Questi carcarinidi, posti fra le prime 5 specie più pericolose per l’uomo, anche se di fatto gli attacchi verso il genere umano non sono così frequenti, sono molto sensibili ai rumori e attratti dalle fonti luminose come fari o flash e pertanto, al fine di scongiurare potenziali situazioni di incidente, sono vivamente sconsigliate.

I tigre, circondati da una moltitudine di piccoli pesci, si avventano sui prelibati bocconi di cibo con molta eleganza, poi virano e si dileguano nuovamente, ma in questi continui spostamenti non esitano ad avvicinarsi passando anche vicinissimi ai sub, infondendo emozioni davvero fortissime.
Dopo una mezzora di spettacolo lasciamo il pianoro per scendere sul drop-off da dove la parete si inabissa

verticale a grandi profondità. Si ha la netta sensazione di trovarsi sulla sommità di una montagna, dalla quale si possono osservare più fondi altri maestosi squali tigre che nuotano speditamente, tonni, white tip, carangidi, grossi barracuda isolati, e un brulicare di altra vita di barriera che testimonia l’inverosimile ricchezza di vita di questi straordinari e selvaggi fondali oceanici.

2° giorno.
Confidando nella buona sorte, ripetiamo in mattinata la discesa sul plateau del giorno precedente, consapevoli di immergerci in fondali dove ogni incontro è davvero possibile. Confortati dalle testimonianze delle guide che raccontano di esperienze spettacolari, ci attende invece un’amara delusione a causa di un’anomala assenza di corrente cha fatto sparire letteralmente il pesce.

Dopo la colazione abbiamo in programma una breve escursione dell’isola per la visita a una bellissima spiaggia corallina circondata da un rigoglioso palmeto. Ne approfittiamo per una passeggiata distensiva alla scoperta di qualche spunto interessante e per un bagno rigenerante, quindi si prosegue con un giro panoramico fino al lago e il rientro in barca dove siamo attesi per la prossima immersione.

Si vota in maggioranza per ripetere il Tiger Zoo, rassicurati dalle concrete probabilità di avvistamenti. Giunti sul fondo, la visibilità è interrotta da una muraglia di pesci in piena frenesia alimentare, pronti ad azzuffarsi per gli scarti di pesce sparsi ovunque. Improvvisamente si dileguano, liberando il passaggio a un imponente tigre solitario che reclama con prepotenza il suo pasto, eclissandosi qualche minuto dopo senza più ripresentarsi.

Attendiamo pazienti una ventina di minuti, ma di squali neppure l’ombra. Rassegnati, lasciamo il bassofondo iniziando una graduale discesa lungo un costone nelle cui vicinanze, a circa 30 mt di profondità, scorgiamo 3-4 esemplari di tigre assieme ad alcuni grigi, banchi di tonni e altre specie di squali non ben identificate.

Rientriati in barca rinfrancati dopo la parziale delusione iniziale, abbiamo giusto il tempo per il pranzo. Le previsioni meteo segnalano mare in aumento, pertanto alle 15.30 la barca mollerà gli ormeggi per fare rotta a Huvadhoo.

3° giorno.
Siamo nell’atollo di Huvadhoo, conosciuto in Italia col nome di Suvadiva. Lungo 70 km per 55 km di larghezza, è suddiviso nei due distretti amministrativi di Gaafu Alifu a Nord e quello di Dhaalu Gaafu a sud.

L’intero atollo è un susseguirsi di isole di incomparabile bellezza, ricche di palmeti e sabbia bianchissima, meno turisticizzate rispetto a quelle degli atolli più a nord, dai quali si differenzia anche sotto la superficie del mare. Dal punto di vista subacqueo, infatti, l’atollo di Huvadhoo è particolarmente apprezzato per le immersioni nelle pass oceaniche mentre non sono di rilevante interesse quelle in laguna dove la ricchezza di vita, salvo eccezioni, è piuttosto deludente.

Il nostro itinerario prevede l’esplorazione delle pass (Kandu) di Maarehaa, Vodamula, Kuredhdhoo, Viligili, Koodhoo e Nilandhoo che in questo periodo, essendo esposte al monsone di Nordest, dovrebbero garantire una visibilità eccellente.

Le immersioni si svolgono lasciandosi trasportare dalla corrente o stazionando sul corner per assistere, come spesso avviene, alle passerelle di squali grigi, pinna bianca, aquile di mare, carangidi, barracuda, tonni, tartarughe e non ultimo anche lo squalo balena che compare al tramonto o a tarda sera, sotto la poppa, per cibarsi del plancton attratto dalle luci della barca.

Anche gli snorkelisti possono vivere piacevoli esperienze nuotando nei fondali poco profondi delle minuscole isolette che si incontrano durante la navigazione, lambite da acque cristalline che nascondono meravigliosi giardini di corallo popolati da tante forme di vita.

 

Dhevvadhoo Thila. Siamo ormeggiati di fronte a una piccola isola circondata da una bella laguna dove insistono, poco distanti, altre isolette che al tramonto si trasformano in uno scenario fiabesco.
Ci immergeremo in una Thila, così è denominata la secca/struttura corallina formata da pinnacoli che dai fondali salgono fin quasi a r

aggiungere la superficie. Seppure dal briefing non emergano particolari indicazioni di rilievo riguardanti quest’area di mare che ci accingiamo ad esplorare, appena immersi ci sorprende invece una diffusa presenza di pesce di barriera e quella di isolati tonni e di piccoli pinna bianca.

Verso i -30 mt, appare inaspettato in tutto il suo splendore un immenso giardino di gorgonie, a tratti così fitte da formare una vera e propria foresta che si estende per decine di metri di lunghezza e fino a 40-50 metri di profondità. Tanti gli spunti video-fotografici, con gruppi di Platax che vagano fra i grandi ventagli, corposi anemoni e i policromi pesci pagliaccio, banchi di fucilieri, pesci pappagallo, e tanta variopinta minutaglia.

In superficie mi soffermo sulla sommità della secca a -3 mt, perfetta per completare quel poco di deco accumulata, dedicando gli ultimi scatti a un piccolo pesce unicorno incurante della mia presenza.

Maarehaa Kandu. In questa pass ci siamo immersi 2 volte, con esiti alquanto discostanti. Del resto è madre natura che detta le regole generando, in base alle maree, violente correnti in entrata o in uscita dai canali che collegano la laguna con l’oceano, e sono proprio questi i fattori che condizionano la presenza o meno dei grandi predatori, che sono poi il principale obiettivo delle nostre escursioni subacquee.

Nel primo tuffo è andato tutto a meraviglia. Visibilità eccezionale, corrente intensa ma gestibile, pesce in grande quantità. Già in fase di discesa, notiamo in lontananza l’elegante volteggio di alcune aquile di mare. Raggiunto il drop off intorno a 28-30 mt, inizia lo spettacolo di decine di squali grigi in un instancabile andirivieni, in compagnia di carangidi, tonni, fucilieri, e un solitario napoleone, affatto incline a lasciarsi avvicinare.

Nella seconda discesa si assiste a una metamorfosi generale. Con corrente e visibilità ridotte la presenza del pelagico è diminuita drasticamente, lasciando il posto a qualche sparuto squaletto di barriera, gruppetti di carangidi in caccia e una timida tartaruga dileguatasi velocemente.

 

4° giorno.
Vodamula Kandu. La barca ha ancorato nei pressi di Vodamula Kandu, morfologicamente simile alla pass del giorno prima. La visibilità sembra non avere fine e appena messa la testa sott’acqua si intravede subito molto movimento di pesce, ma una corrente fastidiosa, già intensa in superficie, ostacola la nostra discesa.

Seguendo il leggero declivio che conduce alla nostra postazione intorno a -35, noto un ambiente coralligeno estremamente interessante, con belle formazioni di madrepore e acropore in perfetto stato di conservazione, colonie di coralli a frusta e grandi cespugli di corallo nero, ai quali dedico qualche scatto fotografico.
Giunto sul punto in cui la parete precipita profonda, madre natura mostra il meglio di sé, con decine di grigi che si esibiscono in interminabili dietrofront, accompagnati da nuvole di carangidi che saettano come impazziti, pinnabianca e tonni di grossa stazza, mentre qualche aquila di mare volteggia più lontana.

Stamane il mare è prodigo di sorprese ma pure altrettanto impietoso, a causa della corrente che col passare dei minuti si è talmente rafforzata da costringerci a desistere e ad abbandonare questo luogo magico.

Chi conosce le Maldive sa bene che questa è anche una peculiarità molto attesa e apprezzata da una folta schiera di subacquei i quali, lasciandosi trasportare dalla violenta spinta dell’acqua, possono godersi il panorama dell’ambiente circostante praticamente “in volo radente”, durante il quale non sono infrequenti incontri ravvicinati di tutto rispetto.

Kuredhdhoo Kandu e Viligili Kandu. La speranza di trovare in queste pass condizioni marine più accett

abili viene presto vanificata da un inspiegabile fenomeno di maree che ha prodotto correnti anomale e violente, e una conseguente drastica riduzione della visibilità dell’acqua. In condizioni così estreme, entrambi le immersioni sono state interrotte dopo circa mezz’ora per ovvie ragioni di sicurezza.

Non rimane che confidare nella buona sorte per quanto ci attende in serata. L’equipaggio, infatti, ha sistemato una grossa lampada sullo specchio di poppa, le cui luci dovrebbero favorire l’avvicinamento dello squalo balena.

E’ appena terminata la cena quando si sentono voci concitate arrivare dalla zona poppiera e in un attimo ci precipitiamo tutti all’esterno. Il balena è proprio sotto il faro che illumina la superficie del mare. C’è una grande quantità di plancton che rende l’acqua lattiginosa e lo squalo, con la bocca a imbuto quasi fuori dalla superficie, è intento a ingoiare quanto più nutrimento possibile, indifferente alle grida di gioia degli ospiti e ai lampi dei flash che gli vengono sparati addosso.

Il carosello non dura molto, e ultimato il pasto il bestione sparisce nell’oscurità del mare. Soddisfatti del fuori programma tutti cedono alla stanchezza e si ritirano nelle cabine, ma io non demordo. Attrezzatura fotografica, maschera e pinne sono a poppa, non si sa mai. Mentre tutti vanno a riposare, ripasso gli appunti di viaggio sul mio portatile e ogni tanto esco per una veloce sbirciatina.

E’ quasi mezzanotte; ormai rassegnato esco per riprendere l’attrezzatura ed eccolo nuovamente lì sotto. Imponente nella sua mole ancora più drammatica nel cuore della notte, è indaffarato col suo nuovo banchetto. In pochi secondi sono già in acqua, pronto per riprendere il tanto atteso modello già in posa per uno shooting fotografico. Rimaniamo una buona mezzora a farci reciproca compagnia, poi con la solita indifferenza se ne va passandomi vicinissimo, facendomi schizzare l’adrenalina alle stelle. Grazie Balena, è stato indimenticabile!.

 

5° giorno.
Viligili Kandu. Grazie a un’ottima visibilità si intravede già dalla superficie una quantità strabiliante di pesce che occupa vaste aree della barriera.

Scendendo intorno ai 28-30 metri lo scenario non cambia. Banchi enormi di carangidi, vortici di barracuda, tartarughe, diversi grigi alcuni dei quali seminascosti fra nuvole di pinnuti, pesci scoiattolo, fucilieri, ombrine grandi labbra, pesci trombetta, trigoni, un piccolo nutrice accovacciato in un angusto anfratto roccioso e tante altre specie in grande quantità catalogano questi fondali fra i più belli e ricchi di vita finora esplorati.

Koodhoo. Ancora forti emozioni in questa immersione denominata Fisch Factory, che ha luogo presso l’isola di Koodhoo, dirimpettaia a Viligili.
Una sorta di Tiger Show, con la differenza che qui si ha a che fare con gli Spinner shark o squali Tissitore, appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi. Questi squali raggiungono una lunghezza variabile fra i 2 e 3 metri, frequentano quasi tutte le acque temperate tropicali del mondo e sono conosciuti per i salti rotanti facenti parte della loro strategia di alimentazione.

Verso le 14.30 ci trasferiamo sul Dhoni per raggiungere in breve tempo il sito di immersione. Con poche pinneggiate arriviamo su un fondale di una decina di metri piuttosto scomodo e scosceso, mentre dalla superficie il rombo dei motori annuncia l’inizio dello show. Gli attori arrivano indomiti a decine, lanciandosi sugli scarti di pesce con andatura scattante e nervosa rimanendo sempre a quote superficiali.

Restiamo una ventina di minuti ad osservare col naso all’insù queste scene di predazione, difficili da fotografare in quanto penalizzati da una scarsa visibilità, dopo di che ci stacchiamo dal fondo optando per una sbirciatina al fondale circostante. A parte un Napoleone vagabondo e una pacifica tartaruga, la visione d’insieme è abbastanza deludente e dopo qualche giro di perlustrazione si decide per il ritorno in barca.

6° giorno.
Nilandhoo Kandu. Si ripresenta il consueto scenario dei giorni precedenti, con corrente impetuosa che costringe a malincuore, dopo soli 20 minuti, a interrompere l’esplorazione e a tornare in superficie.

Peccato davvero, perché una moltitudine di squali grigi e pinna bianca, grossi tonni, carangidi e qualche barracuda extra-large, preannunciavano altri interessanti avvistamenti. So spinto dal flusso potente dell’acqua che mi trascina verso l’interno della laguna, osservo sul fondo, a una quindicina di metri, belle formazioni coralline con tanto pesce di barriera e soprattutto molte cernie di grossa mole mai viste così numerose in tutti gli altri siti del nostro itinerario.

 

Kuredhdhoo Corner. Essendo l’ultima immersione del nostro viaggio, invece di dirigermi come gli altri divers nella parte centrale della pass, soggetta alle fortissime correnti dell’oceano, raggiungo il drop off risalendo il costone roccioso per dedicarmi, almeno per una volta, all’osservazione del reef e alle riprese fotografiche in tutto relax.

 

In profondità non c’è un grande movimento a parte qualche isolato predatore e alcune fugaci aquile di mare. Lungo la  parete, alternata a pianori sabbiosi, scopro molti anfratti ricoperti di concrezioni spugnose vivacemente colorate, e una discreta presenza di pesce di barriera oltre a una solitaria tartaruga, che pavoneggia elegantemente in posa davanti all’oblò della mia custodia.

 

 

 

Siamo così giunti al termine di una fantastica crociera, colma di intense emozioni.

Un viaggio nelle Maldive più autentiche, fatte di isole deserte e lingue di sabbia semplicemente stupende lambite da un mare incantato. In poche parole, un paradiso sopra e sotto la superficie del mare. Qui siamo agli antipodi delle Maldive. L’unicità e la bellezza degli atolli a queste latitudini sono le immersioni nelle pass, regno incontrastato del pelagico. C’è poi l’unicità di Fuvahmulah, dove gli incontri con gli squali tigre, ma non solo, regalano sensazioni che non si potranno mai dimenticare.

Uno Yacht comodo e di classe, un equipaggio disponibile, guide preparate e competenti e un bravo e acclamato chef in cucina, hanno dato ulteriore valore aggiunto a una crociera superlativa. Se poi, come nel nostro caso, il gruppo è composto da persone meravigliose con le quali si riesce a instaurare un rapporto di sana amicizia, allora la voglia di ripetere l’avventura si farà sempre più forte e conseguentemente inevitabile.

Ovviamente facendo sempre affidamento all’organizzazione perfetta di Mete Subacque.

Renato La Grassa

 

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