MAGAZINE – Revillagigedo, il paradiso del pelagico

 

MAGAZINE – Revillagigedo, il paradiso del pelagico

 Reportage di viaggio di Renato La Grassa
Testo e foto di Renato La Grassa

Dopo un lungo anno di attesa finalmente si parte per un viaggio tanto agognato, con destinazione Arcipelago di Revillagideo, più comunemente conosciuto come Isole Socorro. Siamo in 16 appassionati subacquei, uomini e donne accomunati dalla passione per l’esplorazione degli oceani con molti dei quali ho già condiviso altre memorabili avventure.
Dopo circa 24 ore fra voli e lunghe attese negli aeroporti, ci ritroviamo tutti allo scalo di San Jose del Cabo in Baja California, dove ci attende il transfer al White Lodge, una bellissima struttura incastonata anella quiete della natura e circondata da paesaggi costieri straordinari. Prima di cena, comodamente seduti sulle poltrone dell’area bar-ristorante ci godiamo un panorama mozzafiato sull’oceano, impreziosito all’orizzonte dai salti di un paio di balene, quasi un segno premonitore di ciò che ci attende l’indomani.
Il programma prevede infatti una giornata di escursione in barca privata di Whale Watching per il magico incontro con le grandi Megattere che fra il tardo autunno e i primi mesi invernali si addensano nelle acque del Cabo per riprodursi o partorire, prima di intraprendere la via per le fredde acque dell’artico.
Alle 9 del mattino siamo in spiaggia dove le barche sono già lì ad attenderci. Ci dirigiamo poche miglia al largo dove inizia la ricerca dei cetacei e già dopo pochi minuti si intravedono i primi sbuffi seguiti da improvvisi salti acrobatici e dal battito delle lunghe pinne pettorali.

Ci avviciniamo con cautela e dopo lunghi appostamenti e tentativi falliti, riusciamo finalmente a osservarli in acqua nonostante la ridotta visibilità. Condividere i magnifici momenti di tenerezza del balenottero che sempre a stretto contatto con la madre ne emula i comportamenti, è un’esperienza indescrivibile che rimarrà impressa per sempre nei nostri cuori.

Al rientro al Lodge ci attende un’interessante esperienza con un cerimoniale sciamano, ambientato nella ‘Temazcal’, che in lingua nahuati significa: “casa della pietra caliente“. Si tratta di una costruzione rudimentale bassa a forma circolare con il soffitto che assomiglia a un piccolo cono. La cerimonia consiste nello svolgere ‘4 puertas’, cioè le 4 fasi della vita: nascita, infanzia, età adulta e vecchiaia.
Ad ogni fase, della durata di mezzora e intervallate da una breve pausa, 13 pietre alla volta vengono caricate nel braciere ardente al centro del Tamazcal, per un totale di 52 pietre, come le settimane dell’anno solare. Ogni parola, canto e preghiera pronunciate da tutti i presenti hanno lo scopo di purificare il corpo e l’anima per aiutare alla rinascita.
Appagati da una giornata straordinaria in mare e da un’esperienza spirituale sciamanica molto coinvolgente, siamo pronti per la seconda parte del nostro straordinario viaggio: l’arcipelago di Revillagigedo. Più conosciuto con lo pseudonimo “Galapagos messicane” o “Isole Socorro”, è situato a circa 400 chilometri al largo della costa di Cabo San Lucas ed è formato da 4 isole di origine vulcanica: Socorro, Roca Partida e San Benedicto, considerate “isole interne”, mentre Clarion è l’isola “esterna” che si trova 200 chilometri più a ovest.
L’unica ad essere abitata è Socorro, l’isola maggiore dove, dalla metà degli anni ’50, il governo Messicano ha insediato una base militare deputata al controllo della navigazione entro le acque territoriali e per la quale oggi è richiesto un permesso speciale. Il risultato di tale operazione è stato l’enorme giovamento per la flora e fauna terrestre e marina, al punto che nel 1994 l’intero arcipelago è stato dichiarato “Area Natural Protegida” e nel 2016 Patrimonio Naturale dall’Unesco.
I fondali di questo arcipelago sono fonte di inesauribili sorprese, dalle mante giganti del Pacifico (Manta Birostris) alla presenza massiccia di squali, come i Galapagos, martello, tigre, seta, longimano, gli squali dalle punte argentee e gli squali balena. I martello si osservano più facilmente tra aprile e giugno, mentre gli squali balena fra novembre-dicembre e da maggio a luglio. A gennaio è possibile avvistare anche balene e, non di rado, anche le orche.
Partiti dalla marina di San Josè del Cabo a bordo del M/Y Southern Sport, ci attende una sofferta traversata con mare agitato che non accenna a placarsi e solo in tarda serata l’intensità dei venti e del moto ondoso diminuiscono e finalmente, nel primo pomeriggio, San Benedicto si erge dal mare in tutta la sua selvatica bellezza.

Un’isola di origine vulcanica, come tutte le isole dell’arcipelago, caratterizzata da imponenti faraglioni e falesie scoscese e la cui ultima eruzione risalente al 1953 distrusse la maggior parte della flora e della fauna terrestre.
Faremo la nostra check-dive a “El Cañón”, per il consueto controllo dell’attrezzatura e dell’assetto. L’acqua è
calma con una temperatura di circa 24° ma la visibilità non è delle migliori. Scesi su un fondale sabbioso profondo una quindicina di metri, seguiamo la guida girovagando fra isolati agglomerati rocciosi dove spiccano sgargianti pesci trombetta, minuscoli pesci palla, murene e qualche razza sfuggevole, mentre nei dintorni si assiste a un andirivieni di carangidi ben corazzati oltre a una quantità inverosimile di grosse aragoste che spuntano timidamente da ogni nascondiglio.

Seppure la visibilità si sia ulteriormente ridotta, riusciamo a intravedere a poca distanza una montagnola in cima al quale si avvicendano squali martello, squali seta, galapagos (Carcharhinus galapagensis), silvertip (Carcharhinus albimarginatus) e pinna bianca in un vortice inverosimile di apparizioni e fughe improvvise, travolgendo tutti i sub per lo stupore. Altro che check dive!
A tempo scaduto ci congediamo con immenso dispiacere da questa memorabile scenografia ma, tutti concordi, faremo tre le discese in questo sito di immersione, tutte caratterizzate dalla medesima presenza di specie pelagiche, oltre a piccole ricciole, cerniotte, nuvole di carangidi, qualche timida manta e, dulcis in fundo, un tigre solitario che dopo brevi istanti è svanito nel nulla.

Pienamente soddisfatti da una giornata intensa e gratificante, è il momento di apprezzare le bontà dello chef
di bordo e dopo cena, approfittando delle condizioni meteo-marine favorevoli si decide di partire per Roca Partida, dove giungeremo in circa 7 ore di navigazione.

All’alba del mattino seguente siamo in pieno oceano attorniati da uno scenario irreale, preludio di un mondo parallelo. Dal mare immobile svetta verso il cielo Roca Partida, cima biforcuta di un vulcano ormai spento ricoperta di guano di sule e fregate, un luogo dal fascino irresistibile le cui pareti precipitano sott’acqua a profondità irraggiungibili.
Fortunatamente il tempo è stabile e il mare calmo, fatto inusuale a queste latitudini dove spesso si devono fare i conti con onde di oltre due metri e correnti non di rado violente. Non ci sono altre imbarcazioni nei dintorni e pertanto saremo i primi a tuffarci, come stabilisce una regolamentazione interna fra comandanti che prevede la discesa in acqua dei sub di una barca alla volta in ordine di arrivo, al fine di garantire il minore disturbo possibile alla fauna marina.

Sott’acqua lo scenario è impressionante e osservare le nude pareti prive di coralli e vegetazione che si perdono nel buio dell’abisso è un’esperienza che toglie il fiato. C’è pesce ovunque, dalle profondità fino in superficie, da quello di piccola taglia ai grandi banchi di carangidi oltre a una moltitudine di squali pinna bianca spesso ammassati pigramente sulle terrazze scavate nella roccia. Poco più distanti alcuni esemplari di grigi e galapagos gironzolano attorno al faraglione, mentre nel blu si intravedono grossi tonni e densi banchi di pesce azzurro.

Ci avviciniamo sotto costa concentrando l’attenzione sulle innumerevoli fessure della roccia vulcanica dove si celano murene in grandi quantità e aragoste di grossa taglia, ma veniamo bruscamente rapiti dalle grazie sinuose di una famigliola di mante che interagiscono con i sub soffermandosi sopra le bolle degli erogatori per godersi il piacevole effetto jacuzzi.
Roca Partida non smette di stupire e poco prima di risalire si odono nitidi i richiami dei delfini. Un gruppo di 4-5 esemplari spuntano improvvisi dal blu in un susseguirsi di piroette fulminee e frenetici dietrofront per dileguarsi poi in un batter d’occhio.
Ripetiamo altre due immersioni più o meno simili alla precedente e in serata, viste le condizioni meteo-marine in peggioramento, si decide di partire per Socorro, l’isola più estesa che si identifica già da parecchie miglia grazie all’Evermann, un vulcano di 1330 metri di altezza che smise di eruttare nel 1996.

La sveglia all’alba è implacabile. Siamo ancorati nella baia di Punta Tosca, un meraviglioso contesto paesaggistico quasi primordiale. Rocce nere vulcaniche, coste frastagliate, declivi verdeggianti che dalle alte cime scendono dolcemente a bassa quota, fiordi a dislivello dove le onde si incuneano rigettando in mare cascate di schiuma bianca. Qui madre natura è padrona assoluta e ovunque si guardi è uno spettacolo che rapisce l’anima e lascia incantati.

Sott’acqua il fondale è dominato da ampie aree sabbiose interrotte da intricati canyon e banchi rocciosi. Ovunque si osserva una moltitudine di pesci di barriera, carangidi, pinnabianca, aragoste, murene, pesci pappagallo, farfalla, pesci palla, trombetta e varia minutaglia, ma l’interesse maggiore è dato dalla presenza di alcune cleaning station, regno incontrastato delle regine di Revillagigedo. Le mante giganti del pacifico, creature maestose con aperture alari di oltre 6 metri, non si fanno attendere e sopraggiungono in coppia lentamente ipnotizzando nostri sguardi con movenze lascive e civettuole, planando sopra i nostri corpi in un gioco che vorremmo non finisse mai.

La prossima tappa a Socorro è Cabo Pearce, considerato uno dei siti di immersioni più belli e imperdibili dell’isola. Infatti, quando le condizioni di corrente sono favorevoli la quantità di pesce è a dir poco entusiasmante. Questo è il regno di squali martello, mante, delfini, balene e la morfologia dei fondali, caratterizzati da massi ciclopici che dalle batimetriche superficiali scendono vertiginosamente nel blu profondo, ne sono la dimostrazione. Purtroppo oggi di corrente non c’è traccia, né tantomeno di carcarinidi e altri predatori letteralmente scomparsi. Solo la terza immersione ripaga in parte della delusione, grazie alla presenza quasi costante delle mante, qualche tonno taglia extra e un piccolo gruppo di delfini che, sul finire dell’immersione, ci restituisce sorriso e positività restandoci accanto con indimenticabili evoluzioni.
La giornata prosegue con un’ispezione di routine delle guardie costiere con le quali ci siamo intrattenuti piacevolmente e si conclude con uno spettacolo serale inatteso, con decine di squali seta che nuotano in superficie intorno alla barca in evidente comportamento predatorio. Fulminei colpi di pinna danno il via a una frenesia collettiva con prede in fuga, probabilmente grosse aguglie, contese da squali affamati che non lasciano scampo. Poi il ritorno alla consueta normalità, preludio del prossimo atto impietoso di caccia notturna.
Lo scheduling del programma di viaggio prevede altre tre immersioni a San Benedicto fra “El Cañón” e “Boiler”, ma le sfavorevoli condizioni meteo ne consentono soltanto due a “El Cañón”, sede dell’indimenticabile check dive.

La ricchezza di vita marina è immutata. Notevole la presenza di carangidi anche di grossa mole, aragoste in ogni anfratto, banchi immensi di pesce argenteo, trombetta, pappagallo e altro pesce di scogliera.
Con l’ultima risalita a bordo sopraggiunge un inevitabile senso di malinconia, conseguenza di una meravigliosa crociera giunta al termine. Sentimento al quale si contrappone la consapevolezza di essere solo alla prima esperienza in questo arcipelago dalle mille sorprese, fucina di tante emozioni e avventure ancora da scoprire.
Le nostre immersioni sono state esplorazioni in un mondo popolato da creature incredibili. Dalla maestosità dello squalo tigre all’eleganza dello squalo seta, al fascino delle movenze sinuose delle mante, ai delfini che ci hanno deliziato con la dolcezza degli sguardi e l’istinto irrinunciabile al gioco. Anche i fondali costieri sono stati prodighi di sorprese, colmi di pesci di ogni forma e dimensione che danzavano tra le rocce vulcaniche tipiche di queste aree, per non parlare delle onnipresenti aragoste che sbucavano dagli anfratti, regalandoci immersioni ancora più suggestive.
Tuttavia, non tutto è stato perfetto. Contrattempi alla barca come l’odore di gasolio, la rottura dell’argano e dell’impianto del Nitrox concentrati tutti nella settimana di crociera, hanno generato ovviamente dissensi fra gli ospiti a bordo, seppure attenuati dalla gentilezza dell’equipaggio, dalla disponibilità dello chef e dalla bravura e indiscutibile professionalità delle guide. Anche la costante assenza di corrente durante le immersioni ha allontanato i grandi banchi di squali martello, forse il maggiore rimpianto di un viaggio comunque indimenticabile.

Renato La Grassa

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