Magazine – Banchi di Sicilia, un appuntamento rinviato
Reportage di viaggio di Renato La Grassa
Affermare che ambienti marini vergini o poco frequentati si trovino solo in luoghi remoti del nostro pianeta non è propriamente corretto. Infatti, al largo della Sicilia esistono secche e fondali dove solo una minoranza di subacquei è riuscita ad immergersi, essendo zone particolarmente difficili da raggiungere.
Parliamo dei banchi del canale di Sicilia che comprendono: Banco Skerki, Banco Talbot, Banco di Pantelleria, Banco Avventura, Banco Graham, Ferdinandea. Straordinari habitat, vere e proprie catene montuose sommerse generate da eccezionali sconvolgimenti tellurici ed eruttivi verificatisi nel corso dei millenni, come quello avvenuto nei Banchi di Sciacca che ha dato origine all’isola di Pantelleria.
Fra quelli sopra menzionati, Il banco Skerki rappresenta uno degli ultimi paradisi sommersi del Mediterraneo ed essendo collocato in acque internazionali, è frequentato da pescatori italiani, tunisini e di altre nazionalità. Fortunatamente i pericolosi marosi e le forti correnti presenti quasi tutto l’anno limitano spesso la navigazione di barche e pescherecci, scongiurando così lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche di questo grande bacino sommerso.
Il Banco Skerki risale da circa 200 metri di profondità fino a trenta centimetri dalla superficie, il punto più basso segnalato sulle carte nautiche col nome di Scoglio Keith. I suoi fondali sono caratterizzati da franate che si inabissano fino a 50 metri di profondità con una eccezionale presenza di pesce difficilmente riscontrabile in altre zone del Mediterraneo e dove l’incontro col grande pelagico è sempre possibile.
Il modo migliore per esplorare in pochi giorni tanti siti di immersione così distanti dalla costa è la crociera subacquea, come quella che I Vagabondi Del Mare e Mete Subacque hanno organizzato in ottobre di quest’anno a bordo di ‘Holiday’, una bella e comoda imbarcazione di 22 metri di lunghezza, ottimamente attrezzata per l’attività subacquea ed equipaggiata con due motori, due generatori, impianto di desalinizzazione e depuratore, e due compressori da 16 Mc/h.
Purtroppo le critiche condizioni meteo-marine ci hanno costretti a ridurre i giorni di crociera e ad escludere l’itinerario dei Banchi, riservando gli unici cinque tuffi nell’Area Marina Protetta (AMP) Isole Egadi, la riserva marina più grande del Mediterraneo comprendente le isole di Favignana, Levanzo e Marettimo e gli isolotti di Formica e Maraone.
Alla delusione per il mancato appuntamento con Skerki e gli altri Banchi di Sicilia, si contrappongono le scenografie paesaggistiche di queste isole uniche al mondo, lambite da acque cristalline dalla visibilità straordinaria e caratterizzate da un patrimonio floro-faunistico dei fondali sempre crescente, a testimonianza di quanta importanza ed efficacia assuma, sempre di più, l’istituzione di aree marine protette.
Infatti, oltre alla presenza di varie specie di tartarughe marine come la Caretta caretta e varie specie di cetacei fra i quali tursiopi, stenelle e capodogli e alcune specie di squali, è stata segnalata di recente la presenza della rarissima foca monaca, data per estinta in Italia.
In aumento anche la presenza di altre specie ittiche come la cernia bruna, la cernia di fondale, la corvina, l’ombrina, gli sparidi, tra cui il dentice e il sarago faraone, la ricciola e altre specie più rare come le mobule, i pesci luna e persino le mante, avvistate di recente in numero rilevante.
LA CROCIERA
GIORNO 1.
FAVIGNANA. Il maltempo, che fino a pochi giorni prima della partenza non prometteva niente di buono, ha causato qualche inevitabile defezione, ma alla fine la crociera viene confermata. Holiday ci attende alla fonda nella graziosa darsena di Marsala, da dove salpiamo la mattina seguente al nostro arrivo. Dopo un’ora circa ancoriamo nella tranquilla Cala Rotonda di Favignana, al riparo da un venticello leggero.
Ci prepariamo per una prima check dive di ambientamento, utile per riprendere confidenza con l’attrezzatura dopo il fermo causato dall’emergenza sanitaria.
Partendo da una bassa falesia rocciosa caratterizzata da una colonia di pomodori di mare a due spanne dalla superficie del mare, seguiamo il profilo verticale che scende fino a 15-20 metri di profondità. Nelle ampie fenditure si aggirano piccoli labridi, donzelle pavonine, castagnole, saraghetti e altra minutaglia, mentre sporadicamente compare qualche cerniotta curiosa seppure un po’ schiva.
Alla base del costone roccioso si diramano ovunque ampie praterie di Posidonia Oceanica, soprannominata polmone del Mediterraneo. Si tratta infatti di una specie endemica del nostro mare e costituisce non solo protezione a tante specie faunistiche, ma protegge altresì la costa da erosione e mareggiate oltre a svolgere un ruolo fondamentale nell’ossigenazione delle acque.
Seguendo le indicazioni ricevute nel briefing, oltrepassata la punta della parete risaliamo fino ai -10 mt dove si staglia l’ampio ingresso di una grotta, un richiamo irresistibile per una interessante esplorazione dell’interno e per qualche foto suggestiva da portare a casa.
MARETTIMO. Nelle prime ore pomeridiane raggiungiamo Marettimo dopo circa un’ora i traversata.
Siamo a poca distanza dal porticciolo e l’isola ci sorprende in tutta la sua bellezza brulla e selvaggia, con alte pareti rocciose sulle cui vette corposi addensamenti nuvolosi iniziano a destare qualche preoccupazione.
C’è un po’ di libeccio e una corrente leggera che infastidiscono.
Ci troviamo sulla Secca del Cammello, un sito di immersione molto gettonato fra gli assidui subacquei che frequentano l’isola. E’ segnalato da una boa assicurata sul cappello della secca a 15 mt di profondità.
Da qui si diramano due dorsali granitiche che precipitano fino a 30-35 mt. di profondità caratterizzate da vaste distese di Posidonia e da un’abbondante presenza di gorgonie gialle, mentre alle batimetriche più profonde spiccano ovunque ornamentali rami di paramuricee. La presenza di pesce è notevole, con bei banchi di barracuda, piccole ricciole in caccia, salpe, saraghi, murene e cerniotte.
GIORNO 2.
MARETTIMO. Il primo tuffo è previsto su un sito chiamato Orlata di San Simone. Scesi lungo la boa assicurata a un anello fissato sul fondo lo spettacolo che si presenta è sorprendente. L’eccezionale visibilità consente una visione a 360° dell’intera cigliata che scende da ogni lato fino a batimetriche che vanno da 35 a 50 metri di profondità.
Le praterie di posidonie arroccate sui sommi delle cigliate dimostrano l’ottimo stato di salute di queste acque. Maestosi massi accatastati formano profonde fessure popolate da famigliole di saraghi e altre specie endemiche del luogo; gialle eunicelle tappezzano vaste porzioni di substrato, lasciando posto a boschi di paramuricee a partire dai -30. Ovunque si possono osservare cerniotte, saraghi, murene, banchi di salpe, mentre in lontananza nel blu
nuotano gruppi numerosi di barracuda.
Ciò che più sorprende è la presenza di grosse cernie, alcune di taglia extralarge che si mantengono a distanza prudenziale ma ben visibili e fiduciose, confermando inequivocabilmente tutti gli effetti positivi generati dalla riserva marina, soprattutto se ben controllata dalle istituzioni locali.
Marettimo si conferma un’isola davvero straordinaria che vanta tanti imperdibili punti di immersione. Purtroppo, dopo il rientro in barca dobbiamo togliere gli ormeggi per fare rotta a Levanzo. Il bollettino meteo, infatti, annuncia un imminente peggioramento del moto ondoso costringendo il comandante ad anticipare il rientro in porto a Marsala, ma tenta comunque il possibile per rispettare le tappe concordate.
LEVANZO. Ci tuffiamo nei pressi di Cala Minnola, sul versante orientale dell’isola di Levanzo, dove a fra i 25 e 30 metri di profondità si trova un patrimonio di inestimabile valore: il relitto tardo repubblicano di Cala Minnola, del cui scafo non è stato trovato quasi nulla, mentre i resti di una cinquantina di anfore romane adibite al traporto del vino oltre a qualche frammento di vasellame e una bel ceppo d’ancora giacciono ancora sulla sabbia in buono stato di conservazione. Lo scenario è fantastico, ulteriormente impreziosito dall’ambiente circostante ricco di posidonie, castagnole, nudibranchi, tordi, scorfani e piccole murene che in questi reperti hanno stabilito la loto dimora.
Risalendo, in un piccolo pertugio uno scorfano giallo si mostra in bella posa senza alcun timore. Più sopra, numerosi nudibranchi bianchi e viola si fanno cullare dal dondolio della vegetazione alla quale sono aggrappati. Ovunque donzelle pavonine, castagnole e qualche stella marina regalano una bella scenografia degna di essere immortalata. Al fine di evitare depredazioni e, nel contempo, permettere a chi non si immerge di vedere in diretta questo magnifico tesoro archeologico, nel 2006 è stato attivato un sistema di telecontrollo basato su quattro telecamere posizionate intorno al sito, comunicanti a terra via cavo. Purtroppo tale servizio oggi risulta interrotto, come evidenziato in immersione dal precario stato di manutenzione delle telecamere.
GIORNO 3.
TRAPANI. Il bollettino meteo di ieri è confermato da una leggero vento tendente a rinforzare e mare increspato. Partiti da Levanzo il capitano punta deciso verso Trapani per un’ultima immersione sul famoso relitto Pavlos-V, una nave cisterna battente bandiera greca affondata al largo di Trapani l’11 gennaio 1978.
In origine misurava 180 m di lunghezza e 24 di larghezza, ma oggi la poppa è staccata a causa di un incendio nella sala macchine che provocò una violenta esplosione.
Il relitto si presta perfettamente a immersioni di diverso livello. Gli open possono infatti esplorare la prua e il ponte che si trovano rispettivamente a -14 e -20 metri di profondità, mentre con le specialità Advance e Deep ci si può avventurare fra le murate che raggiungono 36 metri di profondità.
Le condizioni del mare consentono una buona visione d’insieme. A prua si trovano argani, bitte e boccaporti che fanno bella mostra di sé, così armo e posiziono per bene i miei flash che però non ne vogliono sapere di scattare. Imprecando non poco mi rassegno a fotografare senza luci, consapevole che dovrò ripiegare convertendo i migliori scatti in bianco/nero.Mi trasferisco sul ponte caratterizzato da lunghe passerelle, tubature e lucernai che portano nelle stive, ma c’è il divieto di penetrazioni a causa dei crolli avvenuti negli ultimi anni e pertanto proseguo nell’esplorazione.
Il Pavlos-V è davvero imponente e non c’è un centimetro quadrato che non sia ricoperto da organismi come briozoi, spugne, falso corallo, trine di mare e spirografi tanto per citarne alcuni.
Per quanto riguarda la fauna è possibile trovare di tutto: castagnole ovunque, saraghi, banchi di salpe, cernie anche di notevoli dimensione come quella avvistata in una zona in penombra e letteralmente volatilizzata, gronghi, crostacei e altro ancora.
GIORNO 4-5.
LE ESCURSIONI.
Risaliti a bordo, riprendiamo subito la navigazione per il rientro a Marsala. Le onde stanno aumentando in altezza e ovunque si rivolga lo sguardo le increspature del mare rammentano impietose che le immersioni sono da considerarsi concluse.
Impegniamo le due giornate successive dedicandole alle escursioni, imperdibili per un territorio intriso di storia, arte, natura e tradizioni culinarie come quello siciliano. Sotto un sole cocente mitigato da un vento insistente, andiamo alla scoperta di San Vito lo Capo, Erice, Mazara del Vallo, le Saline, Mozia e Segesta.
Due giornate di intense emozioni che hanno sfamato la nostra voglia di “meravigliarci”, compito che la Sicilia sa compiere con maestria grazie agli splendori che l’uomo, nel corso dei tempi, ha saputo diffondere e mantenere.
Ci congediamo dall’equipaggio e dal capitano, cordiali e disponibili come sempre, con la promessa di rivederci presto, con l’intesa che quello con i Banchi di Sicilia, Skerki in primis, è soltanto un appuntamento rinviato.
Renato La Grassa